Un interessante contributo al dibattito sui processi di formazione e di consolidamento dell’assetto normativo e del quadro di competenze che regolano la difesa del suolo in campo nazionale e locale.
Per i tipi della Editoriale Scientifica di Napoli sono apparsi recentemente gli “Appunti da un’Autorità di Bacino – Esperienze e riflessioni di un quinquennio di attività” di Stefano Sorvino, già segretario generale dell’Autorità di Bacino regionale Destra Sele e ora commissario straordinario dell’Autorità di Bacino regionale Campania Sud ed interregionale per il bacino idrografico del fiume Sele nata dal processo di accorpamento dettato dalla L.R. 4/2011 e dal DPGR n. 142 del 15/05/2012. Da questo suo osservatorio Stefano Sorvino è testimone privilegiato dei processi di formazione e di consolidamento dell’assetto normativo e del quadro di competenze che regolano la difesa del suolo in campo nazionale e locale. Ha potuto così compiere, nei diversi contributi elaborati nel corso della sua esperienza di governo dell’Autorità, una ricognizione davvero ampia degli aspetti complessi ed eterogenei che innervano le politiche di difesa del suolo, ricostruendo i passaggi più significativi registrati nell’evoluzione dell’ordinamento nazionale e regionale ed evidenziando con attenzione critica gli elementi ancora irrisolti, le contraddizioni, le sovrapposizioni e le inefficienze di un sistema di governo delle problematiche connesse al rischio idrogeologico che, nonostante le grandi aspettative generate dalla legge quadro sulla difesa del suolo fin dal 1989, ancora non riesce a determinare un’efficace ripartizione delle competenze tra le istituzioni interessate rispetto ai momenti fondamentali e strategici della previsione e della prevenzione dei dissesti e della organizzazione delle azioni di protezione civile. Scorrendo le pagine del lavoro di Sorvino si nota soprattutto l’attenzione alle questioni irrisolte, temi nevralgici, talora incandescenti all’interno dell’attuale dibattito sulla difesa del suolo.
L’ancora incompleta attuazione della direttiva 2000/60/CE, preconizzata dall’art. 63 del D. Lgs. 152/2006, ma impedita nei fatti dalla mancata individuazione di un equilibrio condiviso su un dimensionamento delle Autorità di Distretto che sappia tener conto delle cospicue differenze di carattere geografico esistenti tra i grandi bacini idrografici dell’Italia settentrionale e i piccoli bacini idrografici meridionali che raramente superano i confini di una singola regione. La sopravvivenza, ormai anacronistica dell’istituzione del vincolo idrogeologico, una delle più straordinarie innovazioni normative del Regno d’Italia, che tuttavia non è stata mai “adattata” al nuovo ordinamento generato dalle pianificazioni di bacino. Il ritardo, ormai intollerabile, del processo di riforma della legge regionale della Regione Campania sulla bonifica idraulica. La sovrapposizione irrisolta tra le competenze in materia di difesa del suolo attribuite ai Consorzi di bonifica e agli Enti locali. Un interessante contributo è dedicato in particolare al problema della cooperazione tra le Autorità di Bonifica e i Consorzi di Bonifica, definito in maniera chiara e univoca dall’art. 63 del D. Lgs. 152/2006, ma ancora ben lontano dal trovare applicazione nella pratica amministrativa. La disamina di tale complessa questione fornisce all’Autore l’occasione di compiere una rigorosa analisi sui profili giuridici della bonifica, sulla sua evoluzione storica e, più in dettaglio sui caratteri peculiari della bonifica idraulica della pianura campana; analisi che non prescinde, come è ovvio, dalla considerazione dello straordinario impatto prodotto sugli equilibri idrogeologici dalla grande dispersione urbana che ha invaso la piana negli ultimi decenni e che opportunamente si conclude con l’invocazione di un’intesa programmatica finalizzata a “coniugare le attività tecnico operativo di convergente rilievo” tra “le Autorità di Bacino, organi di pianificazione e governo idrografico, e i Consorzi di bonifica, preziosi bracci operativi e soggetti attuatori”.